Lancia Delta, in tutte le sue varianti e variabili, quanto si è detto, quanto si è scritto, quanto si è letto.
La vettura due volumi, nata come auto di famiglia, destinata poi, nel corso degli anni, attraverso le varie evoluzioni, a diventare un vero e proprio mito, sia tra gli amanti dei rally e delle corse, sia tra i collezionisti di tutto il mondo.
Ambitissima, ricercatissima, sicuramente sopravvalutata economicamente, quest’auto è il sogno nel cassetto di moltissimi appassionati.
Sogno nel cassetto anche del sottoscritto.
Fin dalla giovane età, ho sempre visto questa vettura come mito assoluto, come massima espressione dell’auto da rally, le ho sempre rivolto uno sguardo reverenziale.
Ricordo le prime, in allestimento “guerra”, viste dal vivo, sui “campi di battaglia” nei rally locali, ormai auto a fine carriera.
Complice probabilmente il fatto che erano le prime gare che vedevo dal vivo e non ero ancora abituato al rumore delle auto da corsa, queste Delta mi avevano letteralmente terrorizzato, mi avevano spaventato.
Il rumore degli scarichi, lo stridio delle gomme, la velocità nello scaricare tre, quattro, cinque marce…il primo impatto che ho avuto con il mondo dei rally non è stato dei più rosei.
Con il passare degli anni, invece, le sensazioni son cambiate, decisamente in meglio.
Contestualmente alle gare da spettatore (e successivamente anche da corridore, come dice il grande Arturo Merzario), ho approfondito le mie (ancora comunque poche) conoscenze del fantastico ed affascinante mondo del motorismo sportivo, attraverso letture, filmati, trasmissioni televisive specifiche, documentazioni, aneddoti.
Un ruolo molto importante lo han sempre giocato amici e conoscenti, tra i quali, molto spesso, ho trovato persone competenti ed appassionate, con le quali scambiare opinioni e dalle quali ricevere preziosi consigli e suggerimenti, che mi aiutassero nelle mie scelte automobilistico-sportive.
Tornando alla protagonista iniziale di questo racconto, da qualche mese mi sono avvicinato maggiormente a questo modello, dapprima in modo puramente curioso, poi, via via, sempre più interessato.
Anche in questo caso, la visione di filmati ufficiali dell’epoca, la lettura di libri, i consigli degli amici, l’hanno fatta da padrone.
Ed è scattata in me una molla, ovvero far diventare uno dei miei sogni, legati a questo mondo, realtà.
Dovevo trovare una Lancia Delta, ma non una qualsiasi: una Integrale 16v rossa, senza tettuccio apribile, con gli interni Missoni.
Partendo dal modello, perché la 16v, a dispetto della “8v” e della successiva “Evoluzione”, parere personalissimo, ha l’aspetto decisamente più cattivo: se si guardano le versioni che hanno corso il mondiale, soprattutto richiamando alla memoria l’immagine di quelle in assetto asfalto, sembra che stiano per esplodere, con i cerchi dall’improbabile canale da 9 e il cofano bombato, neanche Arnold Schwarzenegger dopo una sessione di body building.
Il colore rosso perché, a mio avviso, è il più completo: bianca è bellissima, ma è parecchio neutra e, sostanzialmente, vuole una bella livrea (Martini o Fina, a piacere); nei colori nero, grigio quarzo o nel rarissimo blu dry, tutti molto belli ed eleganti, si perde un po’ il contrasto delle parti in plastica nera (minigonne, mascherina), i richiami scuri sui paraurti, nonché i gocciolatoi del tetto e i copri montanti centrali. Inoltre, rosso è anche il colore utilizzato sui muletti che la squadra ufficiale utilizzava nei vari test.
L’interno Missoni perché, nel mio immaginario, questo è il tipo di tessuto e di trama che ho chiaramente in mente, vedendo foto dell’epoca sui cataloghi o scrutando i pannelli porta delle auto da gara nei filmati dell’epoca.
Ho iniziato, senza fretta e senza impegno, a guardare annunci su internet, ma senza risultati di rilievo, in quanto le cifre degli esemplari in vendita superavano di gran lunga le mie possibilità economiche e le mie aspettative di spesa.
Un giorno di agosto, per puro caso, mentre mi trovavo in Valcamonica e stavo andando in macchina al lago, la mia ragazza, seduta al mio fianco, esclama: “Mauri, c’è una Delta rossa in quella vetrina!!!”.
Appena ho potuto, ho fatto inversione e mi sono catapultato davanti al concessionario.
Era lei, Integrale 16v, rossa, senza tettuccio, con gli interni Missoni (quelli a “righine, come piacciono a te”, come mi ha detto Veronica). Esattamente come la cercavo. E’ stato amore a prima vista!
Una volta entrato, ho parlato con il proprietario, che l’aveva acquistata due mesi prima e, dopo averci chiacchierato, abbiamo stabilito di rivederci per una prova su strada.
Ho pensato quindi di interpellare il mio amico Alessandro, grandissimo appassionato e anch’egli proprietario di un’Integrale 16v rossa, il quale, la settimana successiva, è partito la mattina presto da Torino per raggiungermi ed andare a testare su strada la vettura.
Ad una prima vista, l’auto è sembrata subito abbastanza sana, sia di scocca, sia di componentistica.
Abbiamo avuto la possibilità di guardarla per bene, sia sopra, sia nel sottoscocca, sia nel vano motore, e l’impressione generale è stata positiva.
La prova su strada è stata un po’ meno entusiasmante, in quanto la turbina risultava un filo troppo dolce nell’erogazione, mentre sull’Integrale 16v è abbastanza caratteristico il “calcio nel sedere” che ti arriva quando la “chiocciola” inizia a girare.
Si è pensato magari ad un problema elettronico, di centralina che va in protezione e fa erogare più dolcemente lo sbuffo della turbina stessa, da verificare poi eventualmente in un secondo momento.
Finita la prova, ci siamo congedati, con la promessa di riaggiornarci.
Io e Alessandro abbiamo discusso molto dei pro e dei contro, aiutati anche “dalla regia” di Luca e Paolo (altri deltisti incalliti, rispettivamente segretario e presidente del Lancia Delta Integrale Club Italia) e di Andrea (BossAuto, appassionato meccanico, molto competente) e si è convenuto di fare la pazzia, nonostante alcuni acciacchi e gli undici (sì, UNDICI!) proprietari precedenti.
Quindici giorni dopo son tornato in concessionario, ho “bloccato” l’auto e il 18 settembre sono andato a ritirarla, caricandola sul rimorchio e portandola a casa.
L’avventura è quindi cominciata.
[continua…]